Patologie

Linfogranuloma venereo

Il Linfogranuloma venereo è una patologia infettiva che si trasmette prevalentemente attraverso i rapporti sessuali ed è anche conosciuta come: linfogranulomatosi inguinale subacuta, linfopatia venerea o malattia di Nicolas-Favre.

Questa malattia è causata dal batterio della Chlamydia trachomatis (un parassita intracellulare appartenente alla famiglia delle Chlamydiaceae); questo batterio penetra nel corpo umano attraverso la pelle e durante i rapporti sessuali, anali, vaginali e orali; esso genera l’infezione dei vasi linfatici e dei linfonodi, manifestandosi con fastidiose e dolorose ulcere genitali e relativo ingrossamento dei linfonodi. La malattia se non curata può causare danni irreversibili. È una patologia che interessa sia gli uomini che le donne, anche se quando si verifica negli uomini è particolarmente fastidiosa, in genere più che nel sesso femminile.

Prevenzione

Se si fanno viaggi nei paesi dove il linfogranuloma venereo è diffuso, come: Sud America, Asia e Africa, l’unico modo sicuro per evitare il contagio della malattia è l’astensione da tutte le attività sessuale. Nel caso di rapporti sessuali sarà quindi opportuno proteggersi dal possibile contagio attraverso l’uso corretto del profilattico, essenziale per evitare la trasmissione e non solo del Linfogranuloma venereo.
Va comunque precisato che il contagio può avvenire anche attraverso piccole abrasioni della pelle, pertanto anche un comune bacio può essere un tramite del batterio. Questa malattia, nelle donne in gravidanza, si trasmette da madre a figlio al momento del parto. Per ovviare a un eventuale rischio di trasmissione madre/figlio, le donne a rischio possono effettuare degli screening di controllo.

Manifestazione e sintomi

A seconda di come il batterio è penetrato nell’organismo umano la malattia si manifesta nel seguente modo: tramite rapporto sessuale/genitale causando formazioni di ulcere e gonfiori nella zona inguinale, dove sono localizzati i linfonodi drenanti; di solito questi sintomi si manifestano entro un mese dal contagio; tramite rapporto anale causando invece una sindrome rettale che si manifesta tramite l’infiammazione del retto e del colon; tramite il contagio della mucosa orale, più raro, causa l’infezione del tessuto faringeo e gonfiore nella regione del collo.

I primi sintomi, che costituiscono solo il primo stadio della malattia, guariscono spesso velocemente e possono essere confusi con altre malattie oppure addirittura passare inosservati.

Dopo un certo periodo, variante da un minimo di 10 giorni fino a un massimo di 6 mesi, la malattia entra nel suo secondo stadio e si manifesta attraverso forti dolori all’inguine, febbre e malessere generale, tosse e mal di testa. In questa fase le ghiandole possono arrivare a scoppiare con la conseguente fuoriuscita di pus e profonde cicatrici. Se manifestata nella zona anale, in questa fase può insorgere prurito anale, ulcere e perdite di pus oltre che febbre e disturbi intestinali.

Se a questo stadio la malattia non viene trattata con la giusta terapia, subentra il terzo ed ultimo stadio con la ricomparsa delle ulcere genitali accompagnate da cicatrici che nel corso degli anni possono causare gonfiore cronico dei genitali e un restringimento dell’ano.

Diagnosi e cura

Per la diagnosi della malattia si procede in un primo momento, attraverso un esame obiettivo, con la ricerca di eventuali manifestazioni visibili della malattia, come le ulcere nella zona genitale e/o anale, gonfiore dei linfonodi e drenaggio dei linfonodi all’inguine. Il medico procederà alla ricostruzione dell’anamnesi del paziente, verificando l’eventuale permanenza in paesi dove la malattia è diffusa ed eventuali contatti sessuali avuti con soggetti a rischio. Solo con esami specifici e quindi con una diagnosi certa si escludono altre malattie con sintomi similari. Questi esami sierologici hanno l’obiettivo di individuare la presenza di anticorpi specifici e sierotipi.

L’individuazione dei sierotipi avviene tramite coltura microbiologica in laboratorio eseguita su prelievo di tampone cervicale, uretrale, vaginale o urinario mentre altri esami prevedono l’utilizzo della reazione a catena della polimerasi (Polymerase Chain Reaction, PCR), una tecnica di biologia molecolare.

Per il trattamento e la cura della malattia, le attuali linee guida, raccomandano una terapia antibiotica con la somministrazione di doxiciclina , 100 mg due volte al giorno per almeno 21 giorni, dagli studi effettuati è risultato infatti che cicli più brevi corrono il rischio di non eliminare definitivamente il batterio. Considerato che la modalità principale di trasmissione della malattia è la via sessuale, è necessario poi procedere con l’individuazione e il trattamento di eventuali partner, ovviamente dopo la conferma di una diagnosi positiva alla malattia. La terapia antibiotica può essere coadiuvata dal drenaggio e dall’aspirazione di eventuali formazioni suppurate. Gli ammalati di Linfogranuloma venereoi devono essere seguiti fino al termine del trattamento per accertare che i sintomi dell’infezione e i segni della malattia siano del tutto scomparsi.

Storia e primi cenni

La malattia è stata scoperta per la prima volta dal dottor William Wallace nel 1833 e poi ampiamente studiata da Durand, Nicolas e Favre nei primi del ‘900. È una malattia piuttosto diffusa in America Meridionale, in Asia, e in Africa, di contro è rara in Europa anche se poco più di un decennio fa si è verificata una epidemia che, a partì dall’Olanda e interessò Belgio, Francia, Regno Unito, Germania, Svezia, Italia e Svizzera coinvolgendo principalmente omosessuali maschi, con sporadici casi, in soggetti eterosessuali, nei quali la malattia generalmente era stata importata da paesi endemici. Il contagio, come detto, avviene principalmente tramite rapporti sessuali non protetti oppure utilizzando strumenti ad uso genitale contaminati appunto dal batterio; il periodo di incubazione della malattia varia dalle 2 alle 4 settimane.